Questo particolare momento della nostra vita ci sta mettendo di fronte a tanta sofferenza, tanti limiti e alla necessità di riadattare i nostri comportamenti e i nostri pensieri.
In una società dove l’immortalità sembrava farla da padrona, dove l’esserci – per sempre e sempre “splendenti” – sembrava la strada maestra, ecco che è arrivato all’improvviso questo virus a farci riscoprire di essere fragili, corporei, mortali.
Morte era una parola che non si pronunciava quasi più; morte era un pensiero che si allontanava. Non erano tanto gli adolescenti a sentirsi immortali, ma la società che li circondava.
E quella stessa società da due mesi si sta scontrando con una morte sconosciuta, sia nelle sue cause che nei suoi comportamenti. La morte in questo periodo è qualcosa di differente e, allo stesso tempo, il lutto, ovvero la manifestazione di dolore per la perdita di una persona cara, si sta svolgendo su un terreno sconosciuto.
Il lutto viene descritto come “il dolore per la scomparsa di persone care e le manifestazioni individuali e collettive che si sviluppano all’interno degli usi e costumi delle singole comunità”. Ho scritto tutta questa definizione perché, se la si legge con attenzione, è chiaro che questo periodo non permette l’espressione luttuosa propria della nostra comunità.
È importante sottolineare che mancano (e sono mancate) molte caratteristiche specifiche:
- manca quella che possiamo definire una morte dignitosa;
- mancano i contatti (con il proprio familiare malato/defunto, con il resto della famiglia, con gli amici, con il personale sanitario);
- mancano i rituali che accompagnano il lutto (per esempio l’accompagnamento, la vestizione, il funerale, il ritrovo della comunità, la visita al cimitero).
Per cercare di dare un senso a quanto stiamo vivendo, possono insorgere rabbia, alimentata ora dalle tante polemiche, e il senso di colpa per avere o non aver fatto/detto/scelto.
La mancanza dei rituali individuali e di comunità è un aspetto centrale in questo periodo: il rituale non serve per superare il lutto, ma per elaborarlo, per poterlo inserire all’interno della propria storia, per poter avere dei ganci concreti nella sensazione di sospensione e incertezza che la morte ci fa percepire.
In attesa di capire/sapere come potremo gestire collettivamente questa situazione di lutto, è importante che ognuno cerchi di rielaborare il lutto individualmente e in famiglia. E per farlo, un suggerimento che io e molti colleghi sentiamo di dare è quello di ricreare dei piccoli riti che vi aiutino in questa fase.
I rituali hanno molta utilità:
- permettono un’espressione (anche “scomposta”) del dolore, accettata e attesa;
- creano una condivisione del dolore tra più persone;
- aiutano a ricostruire la traccia della persona defunta, ri-narrandola;
- sanciscono un prima e un dopo, dando concretezza.
I rituali possono essere differenti ed essere inventati all’interno delle singole famiglie; alcuni esempi possono essere questi:
- scrivere dei racconti, anche brevi frasi, che riguardino la persona defunta; questi possono essere condivisi con il resto della famiglia, letti tutti insieme, raccolti in un unico contenitore (se la modalità è cartacea) o in un file;
- scrivere o dire ciò che si sarebbe voluto dire al defunto;
- ripercorrere la vita del defunto tramite foto o oggetti a lui appartenuti, in un momento di condivisione con il resto della famiglia (anche tramite video contatti);
- ricreare all’interno della propria abitazione uno spazio dedicato al defunto (può essere tramite una fotografia, un fiore, un quadro, etc) e prendersi dei momenti per stare con il lui e il suo ricordo;
- momenti di preghiera;
- etc.
Questi sono alcuni esempi, ma è importante che ognuno si senta libero di pensare e creare il rituale che sente più opportuno per lui e per la propria famiglia.
È importante pensare ai rituali come un aiuto per una fase di passaggio. Allo stesso tempo, è importante che ognuno si senta libero di vivere il dolore come riesce, cercando di non negarlo, ma nemmeno esprimerlo ad ogni costo.
E’ importante ricordarsi che il lutto è una fase lunga, che dura mesi: leggo molte previsioni catastrofiche circa l’evoluzione “patologica” dei lutti vissuti in questo periodo, ma la verità è che nessuno sa come andrà. Non lasciamoci coinvolgere e condizionare da una previsione pessimistica.
Qualche riflessione circa il lutto vissuto dai vostri figli e il loro coinvolgimento nei rituali.
Cosa fare con i bambini?
- Fateli partecipare, non obbligandoli, ma permettendo loro di prendere parte all’esperienza della famiglia; con il fine di proteggerli dal dolore, si potrebbe avere la conseguenza di aumentarlo e incrementare l’incomprensione rispetto ad alcuni comportamenti dei genitori.
- Anche se la vostra famiglia non ha subito un lutto, è probabile che alcuni amici o compagni di scuola possano aver perso un caro; spiegate loro cosa sta succedendo in tante famiglie, con parole semplici, ma chiare.
- Permettete loro di esprimere le emozioni, anche tramite il disegno: che sia per un familiare defunto, per un amico che ha perso il nonno, per una maestra, permettete loro di rielaborare il loro lato emotivo interno tramite questa attività mai banale.
Cosa fare con gli adolescenti?
- Non giudicate dalla copertina: ognuno di loro ha espressione differente del dolore, del coinvolgimento, della vicinanza, dello stare insieme nei momenti difficili. Cercate di comprenderli, ma non di giudicarli.
- Rispettate il loro spaesamento, soprattutto se dovuto alla perdita di una persona cara, per esempio di un nonno: se non manifestano apertamente il loro dolore non significa che non tenessero a quella persona, significa che è quello che riescono a fare e mostrare in questo momento.
- Non considerateli superficiali: rispetto a noi adulti, gli adolescenti si interfacciano pienamente nel dramma della finitezza, del tempo che passa e cambia, nella concretezza di un corpo (il loro) che avevano imparato a conoscere e ora, cambiando, non c’è più. Gli adolescenti sperimentano la consapevolezza che la morte esiste, escono dalla protezione dell’onnipotenza infantile e si affacciano alla realtà concreta e mortale. Questo con la superficialità non c’entra nulla.